Covid-19
Ho scoperto che se si vogliono vincere le partite, è meglio essere pronti ad adattarsi. Scotty Bowman
Potenza invisibile nell'era della visibilità
All'inizio della pandemia, l'obbligo di indossare la mascherina ha generato un diffuso senso di disagio. Tuttavia, nel giro di pochi mesi, questo dispositivo di protezione è diventato parte integrante della nostra quotidianità, trasformandosi progressivamente in un elemento da personalizzare — proprio come accade per molti accessori d'uso comune.
Questa nuova abitudine ha assunto un significato più profondo: un gesto collettivo di resistenza, un modo per infondere coraggio e speranza nella lotta contro il Covid-19. In un momento storico segnato dalla distanza fisica, la personalizzazione della mascherina è diventata un mezzo per esprimersi, per sentirsi più vicini, per umanizzare una misura necessaria.
Le fotografie raccolte in questo progetto — realizzate durante la fase 2 — documentano proprio questo: l'adattamento creativo e personale delle misure di protezione.
Un racconto visivo fatto di volti coperti ma non nascosti, di sguardi che parlano, e di una comunità che, anche attraverso piccoli gesti, ha trovato modi per combattere non solo un virus, ma anche l'isolamento sociale.
fotocamera reflex Canon EOS 600D
Fase 2: L'adeguamento
Fase 2: L'evoluzione
Pallina
Non è sempre facile scambiare quattro chiacchiere con i protagonisti delle mie storie fotografiche. Ma questa vicenda, in particolare, sento il bisogno di raccontarla: racchiude tutta la drammaticità di un periodo che ha segnato profondamente migliaia di persone, travolte da un mostro invisibile.
Sto aspettando l'autobus, quando una donna sulla quarantina si avvicina alla fermata con il suo cane. Come faccio spesso, fischietto al cane per attirare la sua attenzione. Lui arriva subito, curioso e fiducioso. La padrona sorride, lo segue e lo fa sedere accanto a me.
«Si chiama Pallina», mi dice. «È nata la notte di Natale. È una bastardina molto intelligente, riesce a sentire e vedere cose che gli altri non percepiscono. Mi ha salvata tante volte.»
Scatto qualche foto al volo, con discrezione. Ringrazio la donna, poi la saluto. Si allontana lentamente, con il suo fedele amico al fianco.
Fin qui, penserete, nulla di straordinario.
Eppure, quando torno a casa e scarico le immagini, noto qualcosa che prima mi era sfuggito: la donna stava piangendo. Forse commossa. Forse sopraffatta da quel senso di solitudine e impotenza che l'isolamento appena trascorso ha lasciato dentro di lei — come un'eco silenziosa che ancora non smette di farsi sentire.